TERAMO – Il Tar Lazio ha respinto il ricorso della Provincia di Teramo, di 7 Comuni teramani (Alba Adriatica, Giulianova, Martinsicuro, Pineto, Roseto, Silvi e Tortoreto) e di due marchigiani (Cupra Marittima e Pedaso) contro il decreto di valutazione di impatto ambientale rilasciato in favore della compagnia inglese Spectrum Geo Limited, per cercare gas e petrolio (anche con il famigerato air-gun) in oltre 30mila chilometri quadrati di mare Adriatico, da Rimini a Termoli e da Rodi Garganico a Santa Cesarea Terme, per tratti di mare che interessano 5 regioni. Provincia e Comuni contestavano la procedura seguita dai ministeri competenti e che ha portato al decreto di Via: dal limite dell’area interessata, fino alla mancata Valutazione ambientale stragetica. Ne dà notizia nella sua edizione on-line, il Fatto Quotidiano.
Per i giudici del Tar, come riporta il quotidiano, la valutazione di impatto ambientale è legittima, soprattutto perché non si tratta di attività di ricerca, ma di prospezione: «L’attività di ricerca – scrivono nella sentenza – è connotata da ricadute sul territorio chiaramente più gravose ed invasive di quella di mera prospezione».
Immediate le reazioni. «Parlare di una nuova strategia energetica nazionale, come fa il governo, è l’ennesima presa in giro nei confronti dei quasi 14 milioni di italiani che il 17 aprile hanno chiesto di voltare pagina. Faremo pressioni su Regioni, Province e Comuni perché facciano ricorso al Consiglio di Stato», ha dichiarato sempre a il Fatto Quotidiano, Enrico Gagliano del Coordinamento nazionale No Triv. Per il costituzionalista Enzo Di Salvatore, autore dei quesiti del referendum sulle trivelle del 17 aprile, «i ricorrenti avevano denunciato il fatto che il provvedimento Via riguardasse aree poste entro le 12 miglia marine, che gli enti locali non fossero stati coinvolti, che non fosse stata effettuata la Vas (Valutazione ambientale strategica) e che la richiesta di rilascio del permesso riguardi due aree di ben 30mila chilometri quadrati». Per Di Salvatore «se il legislatore avesse voluto, avrebbe potuto limitare il divieto di ricerca solo all’utilizzo del pozzo esplorativo, cosa che invece non ha fatto. Il ragionamento del Tar è contraddittorio, perché se la ratio del divieto fosse quella di contenere gli impatti particolarmente invasivi di una data tecnica di ricerca, il divieto dovrebbe riguardare a maggior ragione (se non esclusivamente) le attività di prospezione: un conto è un pozzo esplorativo che ha sì un impatto, ma limitato a un’area geografica, un conto è una tecnica di prospezione come quella dell’air-gun», che consiste in scariche violente di aria compressa verso i fondali.